23 Settembre 2024

“La sera del 28 marzo del 1994, quando vinse la destra, per la prima volta in vita mia, mi feci una canna”. Moretti si racconta allo spettatore, ma non guarda in camera . Poi pesca dal nulla un cannone di marijuana e con estrema calma comincia a fumare. Di fianco ha sua madre, che assiste a tutto ciò senza batter ciglio. Sono passati pochi minuti dal suo inizio, ma tanto basta per capire che Aprile non è un film come gli altri.

La trama: tra memorie autobiografiche e storico-politiche

La trama dell’ottavo lungometraggio di Nanni Moretti, si sviluppa tra il 1994 e il 1996. Un periodo di tumultuosi cambiamenti. Per l’Italia, alle prese con il collasso della “Prima Repubblica”, ma non solo. Nella vita del regista romano infatti, si affollano una serie di avvenimenti che gli segneranno per sempre la vita. La nascita del primogenito porta con sé tante preoccupazioni. Come se non bastasse la vittoria della destra a far impazzire Moretti.

In un vis a vis con un giornalista francese, viene posto di fronte alla deriva del suo Paese che il transalpino crede abbia bisogno di prendersi un momento di riflessione. Moretti gli dà ragione. Comincia così a barcamenarsi nel montaggio di un documentario sulla politica italiana. Al pubblico viene svelato qualche pezzo e così il film diventa anche uno specchio di quegli anni.

“I giornali sono tutti uguali e soprattutto usano e si scambiano sempre gli stessi giornalisti. La satira è ovunque perché non ha padroni quindi sta bene sotto ogni padrone. Insomma, un unico grande giornale”. 

Un improvviso cambio di programma

Ma pian piano i frammenti di quel progetto, cominciano a perdersi nelle scene di vita quotidiana. Nasce Pietro e nulla è come prima. Il documentario diventa sempre meno una priorità ed è invece sempre più vivido il sogno di fare un musical sulla storia di un pasticcere trotzkista. Un lungometraggio che Moretti ha in mente già in Caro diario, film che precede lo stesso Aprile.

Alla vittoria dell’Ulivo nelle successive politiche del ’96, intrappolato nella sua maschera da intellettuale di sinistra, scende in strada a festeggiare, ma è palesemente disconnesso dalla realtà sociale e politica che lo circonda.

Foto di scena di Aprile (Sacher Film)

Agli auguri di un compagno militante, Moretti sulla Vespa, con i pugni al cielo à la Tardelli, urla orgoglioso: 4 chili e duecento! Il peso del neonato Pietro. La sua più grande vittoria è l’essere diventato padre. Perché la sinistra ha vinto, sì, ma snaturando sé stessa. Quindi Nanni abbandona il documentario e abbraccia il progetto del film musicale. La vita è troppo breve (nel suo caso lunga circa 40 cm) per non inseguire i propri sogni. E allora, se non puoi cambiare il film del tuo Paese, meglio cambiare film.

Aprile è un vecchio film. Sicuri?

Da Wikipedia si apprende che Aprile è un film del 1998, eppure si dimostra di un’attualità sconcertante. Nel documentario che Moretti finge di non voler portare a termine, ma mostra quello che lo stesso regista vuole in realtà rivelare al pubblico, è una critica molto sottile ad un’Italia vecchia ormai di 25 anni e più.

Ma ad osservare da vicino i temi trattati, non sembra passato poi così tanto tempo. Come se il nostro Paese avesse negli anni corso chilometri e chilometri, ma su un tapis roulant.

Un corto: Il grido d’angoscia dell’uccello predatore

In un’intervista relativamente recente, Moretti ha spiegato in poche righe la genesi del corto “Il grido d’angoscia dell’uccello predatore”, nato dalla “costola” di Aprile e frutto di un montaggio forse “troppo severo” .

Il titolo prende ispirazione dalla scena madre del corto. Un momento di surrealità, che ha luogo in un attico romano tra Viale Angelico e Via delle Milizie (un incrocio di strade dove rischi di essere ricoperto dalla “merda degli uccelli”). Un signore che è uno “specialista”, simula con enormi piatti di metallo e un megafono, un drammatico grido animalesco in grado di mettere in fuga i maledetti uccelli romani.

Dopo la visione di Aprile, passare dalle parti di questo corto è quasi d’obbligo.