Matteo De Matteis 
GLI INTERPRETI
Diego Abatantuono è il cuore pulsante di “L’ultima settimana di Settembre”. Con una carriera costellata da ruoli memorabili, qui dà vita a Pietro Rinaldi, un personaggio stratificato e complesso. Abatantuono interpreta magistralmente un uomo disilluso, consumato dalla solitudine e dal fallimento personale. La sua capacità di far convivere ironia e malinconia in un solo sguardo rende Pietro incredibilmente umano, un uomo che affronta la vita come un’ultima battaglia.
Biagio Venditti, nel ruolo di Mattia, sorprende per la sua naturalezza e intensità. Giovane, ma già capace di sostenere il peso emotivo del film, Venditti porta sullo schermo un adolescente vulnerabile, confuso, ma anche coraggioso nel suo percorso di crescita. Il rapporto tra i due è un crescendo di tensione e affetto, costruito lentamente attraverso sguardi e silenzi più potenti di mille parole.
LA TRAMA
“L’ultima settimana di Settembre” ci introduce in un momento critico della vita di Pietro, un anziano scrittore che ha perso ogni speranza e si prepara a suicidarsi nel giorno del suo compleanno. Il destino, però, ha altri piani. Un tragico incidente porta via sua figlia e suo genero, lasciando Pietro con il compito inatteso di prendersi cura del nipote adolescente, Mattia, con cui ha sempre avuto pochissimo contatto. I due, sconvolti dal dolore e apparentemente incapaci di comunicare, si trovano costretti a convivere. È proprio in questa convivenza, all’inizio indesiderata, che inizia il vero viaggio del film.
Un viaggio emotivo che li porterà ad affrontare le proprie paure, ad accettare la perdita e, infine, a scoprire un legame profondo e sincero. La trama, semplice nella sua costruzione, si sviluppa lentamente, ma con una profondità emotiva che colpisce lo spettatore dritto al cuore.
RIFLESSIONI
La narrazione evita i soliti cliché del genere drammatico, scegliendo invece di raccontare attraverso il non detto: i silenzi, gli sguardi, i piccoli gesti che costruiscono l’intimità tra i personaggi. E proprio qui risuona una famosa citazione di Adriano Celentano: “l’emozione non ha voce”. In “L’ultima settimana di Settembre”, è il non detto che parla, l’emozione si trasmette attraverso gesti misurati e sguardi che comunicano più delle parole. La regia, attenta e rispettosa, lascia spazio ai paesaggi del Salento, che non sono semplicemente uno sfondo, ma veri e propri protagonisti della storia. I paesaggi parlano di solitudine e redenzione, e il loro mutare accompagna la trasformazione interiore dei protagonisti. Questa scelta registica rende il film una sorta di “road movie” interiore, dove il viaggio è più emotivo che fisico. Non è solo la storia di un nonno e di un nipote, ma anche un’ode alla capacità umana di risorgere dalle ceneri del dolore.
PERCHÉ VEDERLO
“L’ultima settimana di Settembre” è un film che merita di essere visto perché offre qualcosa di raro: una narrazione profonda e autentica che non ha paura di affrontare i temi del lutto, della solitudine e della speranza senza indulgere nel sentimentalismo. La forza del film sta nella sua semplicità disarmante: attraverso una regia poetica e mai invasiva, racconta una storia universale di rinascita. Gli interpreti, soprattutto Diego Abatantuono, danno vita a personaggi credibili e sfaccettati, che evolvono sotto gli occhi dello spettatore in modo naturale e toccante.
Un film che porta a riflettere sulla vita, sul potere dei legami familiari e sulla capacità umana di trovare la luce anche nel buio più profondo. “L’ultima settimana di Settembre” è un’esperienza da non perdere. Vi commuoverà, vi farà sorridere, e vi ricorderà che, nonostante tutto, la vita offre sempre una seconda possibilità.
