“Nella vita non esiste il pareggio” e in effetti Paolo Sorrentino nella sua vita ha vinto. La sfida con sé stesso, realizzando i propri sogni di ragazzo con l’aggiunta di svariati premi. In particolare un Oscar, un Golden Globe, un David di Donatello e all’inizio della sua carriera un Nastro d’argento per il miglior esordio con L’uomo in più. Film nella cui locandina, campeggia in grassetto quella stessa frase che in qualche modo ha portato Sorrentino a giocare la propria partita. Come Antonio Pisapia e Antonio Pisapia, i due protagonisti omonimi della sua opera prima.
Trama
L’uomo in più è infatti un intreccio di due storie, ambientate negli anni Ottanta. I rispettivi protagonisti sono uniti dal nome e dagli applausi che ricevono dal proprio pubblico; da una parte un calciatore, dall’altra un cantante di successo. Due mestieri così diversi, eppure sovrapponibili per lo stesso senso di incertezza che li accomuna. Entrambi finiranno nel baratro all’improvviso, traditi dal loro tallone di Achille. Antonio, il cantante, dalla hybris di chi si sente al di sopra delle regole umane; l’altro Pisapia è invece vittima dei legamenti usurati dal ruolo di stopper.
La struttura del film è molto complessa. Con I suoi arresti, ascese, svolte e ricadute, L’uomo in più è per lo spettatore un viaggio movimentato, ma non per questo tortuoso. La destinazione è difficilmente prevedibile e il giudizio di chi guarda è in bilico, sospeso tra una sequenza e l’altra. Tra una tappa e l’altra del racconto. L’opera prima di Sorrentino ha tutto ciò di cui si ciba un’ottima storia ed anche lo spettatore al termine del film può dirsi sazio, emotivamente parlando.
Il giovane Paolo Sorrentino
A mancare è forse la bellezza della immagini, quel perdersi nei colori che troviamo ne La grande bellezza, in È stata la mano di Dio e probabilmente vedremo nel nuovo Parthenope. Eppure, il momento più intenso coincide con un primo piano sullo sguardo del Pisapia calciatore, un personaggio capace di “parlare con gli occhi”. Il debutto nel grande cinema di Sorrentino ha già, però, in sé quelle tematiche esistenziali che caratterizzeranno la sua poetica.
“‘A vita è ‘na strunzata” sintetizza Toni Servillo, nelle vesti del cantante ormai caduto in disgrazia. Un’altra frase, forse diventata stella polare nella maturazione del regista napoletano, capace di mostrarci ne La grande bellezza caducità e insensatezza della vita, sedimentata “nel chiacchiericcio della gente”.
L’uomo in più è un film capace di mettere in discussione tanti aspetti dell’esperienza umana. Il successo viene relativizzato e persino il lieto fine è ribaltato rispetto alla sua concezione canonica.
Originalità. Quella che Paolo Sorrentino ha sempre avuto in dote.