Sarebbe interessante realizzare un sondaggio per sapere cosa ne pensano le persone di Roberto Benigni. Dico questo perché chi non ha vissuto il periodo della sua ascesa o chi non ha visto i suoi primi film ha probabilmente un’idea completamente diversa da chi invece possiede queste conoscenze. Benigni è un regista e attore comico che ha saputo andare oltre la comicità fine a se stessa, anzi è stato fino a un certo punto della sua carriera una personalità abbastanza imprevedibile e scomoda all’establishment.
In questo breve testo cercheremo di elencarvi i motivi di questa sua doppia fase della vita, dall’essere dissacrante all’essere accomodante.
L’infanzia burrascosa e le prime esperienze di spettacolo
Classe 1952, Benigni nasce in una famiglia molto povera, suo padre è un contadino ed è stato è prigioniero in un campo di concentramento a Bergen-Belsen, fra il 1943-45, lo stesso di Anna Frank. Questo vissuto vicino al tema della Shoah, come sappiamo, ritornerà prepotentemente nel suo film più celebrato e famoso. Torniamo però a quando era uno sconosciuto. L’attore da giovanissimo è davvero esuberante. Dopo la prima comunione, trascorre un periodo di tempo in seminario dai gesuiti e, nel 1966, dopo la famosa alluvione, capisce di non avere la vocazione e continua la sua istruzione scolastica. Abbandona l’università, studiava fisiologia, ma il successo dei primi spettacoli lo convincono a proseguire questo cammino.
Insieme ai tre amici, Silvano Ambrogi, Carlo Monni e Aldo Buti, si trasferisce a Roma e incomincia scrivere e recitare spettacoli teatrali. Con il fratello del più famoso Bernardo Bertolucci, inizia un’attività lavorativa che lo porterà ad esordire al cinema con un film veramente unico: Berlinguer ti voglio bene. È il 1977, Roberto Benigni è il comico più anticonformista d’Italia ad avere un discreto successo in ogni ambito in cui si cimenta. Berlinguer Ti voglio bene diventerà quasi un cult nel corso degli anni, merito anche la censura che fu tempestiva nel danneggiare l’opera. Il motivo principale di tale intervento dall’organo distributivo dei film fu il turpiloquio eccessivo e delle scene ambigue.
Pensate che il film è stato proiettato integralmente solo nel 2024 su La7, in occasione del quarantennale della scomparsa di Berlinguer.
I film da regista e l’arrivo di Hollywood
Il primo vero successo, nonché classico del cinema italiano, è Non ci resta che piangere diretto sia da Benigni, sia da Troisi. Tantissime le scene che sono diventate iconiche, tuttavia non vorrei dilungarmi su questo meraviglioso prodotto audiovisivo. Dopo qualche ruolo da attore per i film di Jarmusch, incontrato per caso durante una partita a biliardo, Benigni continua la sua carriera con degli ottimi lungometraggi ancora oggi riproposti in diverse occasioni. Johnny Stecchino, Il Mostro, tutti piccoli cult che hanno segnato una decade importante per il regista. Nonostante siano film comici e irriverenti, ci accorgiamo che il suo spirito esuberante, irruento, si è molto attenuato.
Da Non ci resta che piangere e soprattutto dai primi spettacoli teatrali, dalle ospitate televisive negli anni 80, ci appare un Benigni molto più responsabile e attento alla sensibilità del pubblico.Ha smesso di essere spudorato e forse anche per questo adesso è pronto per Hollywood, per l’opera che lo consacrerà a livello mondiale. La vita è bella o Life is beautiful per citare il titolo internazionale vinse tantissimi riconoscimenti. Solo per citarne alcuni: tre Oscar, il Grand Prix al Festival di Cannes e 9 David di Donatello. È ancora oggi uno dei film italiani più popolari di sempre.
Pure se avesse voluto tornare quello di un tempo, dopo questa investitura popolare di brav’uomo, dopo il ruolo che ha interpretato, sarebbe stato impossibile. Roberto Benigni è uno degli attori, registi, sceneggiatori, più importanti del nostro Paese. Sta a voi però scegliere qual è il vostro periodo preferito dell’artista toscano, il brav’uomo, lo spudorato o entrambi? Io ancora non ho deciso.