Totò non è solo un comico, è un’icona della cultura italiana. Sebbene all’estero non sia particolarmente famoso, nel nostro Paese è una leggenda e difatti come accade in questi casi, è spesso circondato da una mitologia assai invasiva. Nello scrivere questa piccola bio, va detto che ogni informazione e curiosità sul Principe della risata ha come unica fonte l’enciclopedia Treccani.
Così come Pulcinella, Maradona, Eduardo De Filippo e moltissimi altri, Totò è nello specifico un simbolo della napoletanità in Italia. Perché sia diventato così popolare anche dopo la sua morte in realtà non è facilissimo da spiegare, soprattutto se a discuterne è una persona non cresciuta in quei luoghi.
Antonio De Curtis e la nascita di Totò
Nato a Napoli nel 1898, Antonio De Curtis ha una storia che sembra un film. Cresciuto dalla madre in povertà, il nostro protagonista ha in realtà origini nobili che gli saranno riconosciute nel 1921 dal padre, il Marchese De Curtis. Infanzia e adolescenza sono due periodi per Antonio davvero poveri. Nel Rione Sanità, specialmente all’epoca, non era affatto facile vivere ma questo vissuto tornerà successivamente nella sua comicità. A differenza di altri, però, De Curtis è immediatamente attratto dal mondo dello spettacolo, dal teatro specialmente ed è lì che si forma, sul palcoscenico.
Il primo film è del 1937, s’intitola Fermo con le mani ed è diretto da Gero Zambuto. Nonostante la comicità evidente dell’artista avesse molti padri, Totò in Italia esplode come fenomeno prima regionale e poi interamente nazionale, come unico portatore di alcune caratteristiche. L’aspetto curioso è che il successo cinematografico arriverà molto tardi per l’artista, se infatti durante il primo film De Curtis aveva già 39 anni, la sua maschera realmente compiuta arriverà solo dieci anni più tardi nel 1947 con il film I due orfanelli.
Protagonista di ben 97 lungometraggi, la maschera di Totò è probabilmente la più adoperata del cinema italiano. Pensate solo che Antonio De Curtis morì nel 1967 perciò in 30 anni fu protagonista di tale filmografia. Woody Allen è spesso considerato uno degli artisti più prolifici di sempre nel mondo del cinema, eppure, considerando questi dati, gioca proprio in un altro campionato rispetto al Principe della risata. Sarebbe interessante indicare quali siano stati i motivi produttivi di tale impegno ma non è questa la sede adatta.
Il Successo e i film più ricordati
Tra le opere più ricordate della maschera di Totò vanno segnalate 47 morto che parla (1950) di Carlo Ludovico Bragaglia, Totò a colori (1952) di Steno e Mario Monicelli, Siamo uomini o caporali? (1955), Totò, Peppino… e la malafemmina (1956) e Tototruffa ’62 (1961) di Camillo Mastrocinque. Antonio De Curtis interpreta sempre lo stesso personaggio, il suo alter ego è costantemente quello di un uomo che deride la nobiltà, che si pensa furbo ma agisce nei modi più improbabili.
È una maschera, la sua, che funziona sia in coppia ma anche in ruoli più solitari. Un’altra caratteristica di Totò è certamente il suo linguaggio, davvero unico e riproposto ancora oggi. Pensiamo a frasi come «Parli come badi»; oppure ne rovesciava o ne confondeva il senso: «Lei è un paziente che non ha pazienza!», «Soldati, richiamati, riformati… vi ho radunato in questo pubblico deserto…»; o equivocava sul loro vero significato: «Lei con quegli occhi mi spoglia… spogliatoio!»
Curiosità e altre opere significative da ricordare
Oltre alla maschera di Totò, Antonio De Curtis ha anche dimostrato di essere un attore completo interpretando ruoli estranei a un certo tipo di comicità. Opere come I Soliti Ignoti di Monicelli e Uccellacci e Uccellini di Pasolini sono l’emblema di questa considerazione. Non è finita qui, De Curtis è stato autore anche di poesie e canzoni. Tra tutte spicca A Malafemmina, inserita nel film Totò, Peppino… e la malafemmina (1956).